Aspetti monumentali, naturalistici e paesagistici

Aspetti monumentali, naturalistici e paesagistici

ASPETTI MONUMENTALI, NATURALISTICI E PAESAGGISTICI

La Riserva Naturale Orientata “Monte Pellegrino” ha al suo interno una lunga serie di peculiarità legate all’aspetto naturalistico, geologico, paesaggistico, archeologico, monumentale e storico  militare.

  • Bosco Niscemi

Nel cuore del Parco della Favorita, si offre agli occhi dei visitatori l’inaspettato, lussureggiante e intricato bosco Niscemi, un serbatoio di biodiversità in pieno centro urbano.

Il bosco Niscemi, esteso 8,50 ha, è l’unica area del Parco della Favorita inserita in zona A della Riserva Naturale “Monte Pellegrino”.

Si tratta di un ceduo invecchiato costituito dal leccio (Quercus ilex), fillirea (Phillyrea latifolia), corbezzolo (Arbutus unedo), nello strato arboreo e da altre specie della macchia come il terebinto (Pistacia terebinthus), lentisco (Pistacia lentiscus) ed il viburno (Viburnum tinus) nello strato arbustivo. Tra le specie arboee sporadiche sono presenti il bagolaro (Celtis australis), l’orniello (Fraxinus ornus) e l’albero di giuda (Cercis siliquastrum).

Il bosco è suddiviso in “quartine” che probabilmente coincidevano con le sezioni di taglio del ceduo per la produzione di legna da ardere e carbone.

  • Ulivo millenario Patriarca della Favorita

Di notevole importanza è la presenza all’interno della Riserva del “Patriarca della Favorita”, un ulivo di oltre 1.000 anni che presenta una circonferenza massima di circa 11,00 m. ed un diametro medio di 3,50 m.

Si tratta di un vetusto individuo dall’ampia ceppaia sormontata da due grossi fusti parzialmente saldati in più punti da antica data.  Il colossale tronco che ne deriva evidenzia diverse cavità, scanalature e costolature che dal suolo si spingono fino all’altezza di 2,10 m, punto in cui le originarie branche, in passato, sono state asportate dando luogo ad una larga e caratteristica spianata lignea. Attualmente, pertanto, al posto delle branche si nota una corona di lunghe ramificazioni, a portamento ascendente quelle interne, e aperte o più o meno arcuate quelle esterne che, nel complesso, strutturano una chioma tendenzialmente rombica.

  • La Casina di Caccia (cosiddetta Palazzina Cinese)

Si trova nella zona nord – occidentale del Parco della Favorita e fù progettata dall’Arch. Venanzio Marvuglia nel 1799. Servì come dimora per Ferdinando III di Borone durante gli anni del suo esilio.

La costruzione è caratterizzata da un padiglione in stile orientale il cui corpo centrale termina in alto con un tetto a pagoda. L’architettura è fantasiosa, piena di luce e colore ed è impiantata su volumi armonici ed essenziali. Si noti la purezza del pronao, la linea elegante della copertura a padiglione e le scale a torretta ai fianchi dell’edificio.

  • Monumenti del Parco della Favorita (Fontana d’Ercole, Abbeveratoio, Stele, Colonne d’acqua)

La Fontana d’Ercole è stata progettata dall’architetto Marvuglia su incarico della Regina Maria Carolina come traguardo prospettico al viale cui la fontana ha conferito il nome e  rappresenta l’elemento fondamentale di un percorso denominato “Via d’acqua” lungo il quale troviamo l’abbeveratoio utilizzato dal Re Ferdinando durante le passeggiate a cavallo e le Colonne d’acqua utilizzate per l’irrigazione del parco con un antico sistema di saie, vattali, ecc. recentemente recuperate.

La Fontana ha una pianta circolare ed è costituita da due vasche concentriche in pietra di Billiemi, dal cui centro si eleva una grande colonna dorica scanalata lungo il fusto sul cui capitello è posta la statua in marmo bianco che raffigura Ercole. La fontana è circondata da una ringhiera in ferro ed è composta da 176 zampilli d’acqua che raramente si vedono in funzione.

Inoltre all’interno del Parco troviamo una Stele realizzata in stile orientaleggiante, una colonna sormontata da un vaso e la Statua Diana che non è visitabile in quanto si trova all’interno dell’area militare e che da il nome al viale che stalla statua conduceva fino a Piazza Leoni (prima della realizzazione dell’attuale strada che conduce a Mondello).

  • Villa Niscemi

La villa, che si trova all’interno di un giardino esotico con un laghetto abitato da anatre, è costituita da una facciata austera a tre elevazioni, proiettata in avanti da due avancorpi con funzione di terrazze posti alle estremità.

Costituita originariamente da una masserie agricola con un cortile interno ed una torre di difesa, nel corso del Settecento  la Villa passò nelle proprietà dei principi Valguarnera di Niscemi che la trasformarono ed arricchirono rendendola una delle residenze nobiliari più belle di Palermo. Alla fine dello stesso secolo, Villa Niscemi ospitò nelle sue sale Ferdinando di Borbone e la moglie Carolina, in fuga da Napoli, i quali ricevettero in donazione dal principe Valguarnera la vasta campagna intorno la residenza, al fine di creare un grande parco che costituisse riserva di caccia per il sovrano e oasi di pace per la consorte. Alla fine dell’Ottocento, la Villa fu abitata dal principe Corrado e dalla moglie, principessa Maria Favara e nel 1987, le discedenti della casata hanno ceduto la proprietà al Comune di Palermo che ne ha fatto sua sede di rappresentanza.

Dall’ingresso parte la scala interna che conduce ai saloni di rappresentanza del primo piano. Il primo salone che si incontra è la Galleria dei Re, così chiamato per la raccolta di ritratti dei re di Sicilia appesa sulle pareti. Dalla Galleria dei Re si prosegue verso le due ali della villa. A sinistra troviamo il Salotto degli arazzi e la Sala da pranzo, da cui si accede ad una delle terrazze esterne. Rivolgendosi a destra, invece, vi è una sequenza di saloni consecutivi (il salone dedicato a Santa Rosalia, il salone delle  Quattro Stagioni, la sala Gialla, ecc.).

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Le Scuderie Reali

Ai piedi della Valle del Porco troviamo gli edifici delle scuderie borboniche, recentemente recuperate e adibiti ad uffici del Comune di Palermo e Museo dell’agricoltura infatti raccoglie strumenti agricoli usati dai contadini siciliani nell’Ottocento e nei primi del Novecento. In origine l’edificio era denominato magazzino del sommacco, dal nome di un arbusto che cresce spontaneo in quei luoghi, anticamente utilizzato per la lavorazione delle pelli. L’edificio fu poi adibito a scuderie per volere di Maria Carolina moglie di re Ferdinando.

  • I Torriglioni

Comunemente denominati “Sparatori”, si tratta di due manufatti architettonici, recentemente recuperate, di piccole dimensioni, di forma dodecagonale, realizzati in stile neogotico nel 1811 e sistemate ai due lati delle Scuderie Reali. In epoca borbonica svolgevano contemporaneamente numerose funzioni: custodivano le polveri da sparo, proteggevano le Scuderie da eventuali incursioni ostili e proteggevano il percorso di caccia che dal Parco della Favorita si estendeva fino alle Paludi di Mondello.

  • La Valle del Porco

È uno stretto vallone costeggiato da rupi calcaree ricoperte da fitta vegetazione rupestre, attraversato da un ripido sentiero lungo circa 1,7 km, che conduce dalle Scuderie Reali sino al Santuario di Santa Rosalia. Lungo la valle si attraversa un paesaggio rupestre, dove è possibile osservare le principali specie vegetali neo-endemiche come la Palma nana, l’Erba perla, il Cavolo rupestre e il Garofano rupestre. In tale area è possibile osservare anche i grandi rapaci della riserva come la Poiana, il Falco pellegrino e il Gheppio. Lungo la valle troviamo un grosso muro di sbarramento e un’edicola votiva di inizio secolo.

  • Il Gorgo di Santa Rosalia

Il gorgo sorge nei pressi del Santuario di Santa Rosalia ed è un tipico esempio di stagno temporaneo mediterraneo, che rappresentano degli hotspot di biodiversità e gli organismi animali e vegetali che li abitano sono accumunati dal fatto di adottare delle strategie per superare il periodo di secca, in quanto essendo di carattere stagionali queste pozze accumulano acqua in autunno e inverno, durante la stagione delle piogge, mentre si prosciugano nelle stagioni calde, in tarda primavera-estate. Tra gli organismi che lo popolano troviamo rotiferi, insetti acquatici come eterotteri, ditteri, odonati e coleotteri, poi crostacei della classe dei branchiopodi come anostraci, notostraci, concostraci, cladoceri e della classe dei copepodi come i calanoidi ed un centinaio di specie algali. Il gorgo è il sito di riproduzione del Discoglosso dipinto (Discoglossus pictus) e Rospo smeraldino siciliano (Bufotes boulengeri siculus). Gli stagni temporanei mediterranei per le loro peculiarità di ricchezza specifica sono protetti dalla Convenzione Ramsar.

Questo stagno inoltre riveste un enorme interesse biologico e conservazioni stico, infatti il Gorgo è ben noto agli ecologi e ai limnologi di tutto il mondo grazie al famoso scienziato americano George Evelyn Hutchinson che alla fine degli anni ’50, mentre era ospite del Prof. Reverberi allora direttore dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Palermo, vi si recò in occasione di una sua visita al Santuario di Santa Rosalia, Santa Patrona della città di Palermo; il ritrovamento contemporaneo di due specie di insetti acquatici appartenenti al genere Corixa, in apparente violazione del principio di esclusione competitiva, lo condussero a rivedere le sue idee sulla diversità e sui ruoli trofici fra gli animali e a riflettere sul perché in questo stagno, ed in generale in un ecosistema, fossero presenti due specie, piuttosto che una o venti.

I risultati di queste osservazioni costituiscono l’argomento di uno degli articoli più famosi e citati nella letteratura relativa alle scienze ecologiche e di biologia evoluzionistica sino alla metà degli anni novanta: “Homage to Santa Rosalia, or why are there so manykinds of animals?”, pubblicato sulla rivista American Naturalist nel 1959.

In virtù di questa “ispirazione”, Hutchinson propose quindi di eleggere Santa Rosalia a Santa Patrona della biologia evoluzionistica, eleggendo il gorgo stesso a santuario della limnologia, la scienza che studia le acque interne.

  • Il Santuario di Santa Rosalia

Il Santuario fu costruito nel Seicento in onore di Rosalia di Sinibaldi che visse tra il 1130 ed il 1170 con un periodo di eremitaggio tra Santo Stefano di Quisquina e Monte Pellegrino.

A seguito del ritrovamento delle ossa nella grotta del monte e del miracoloso evento che portò alla fine della peste di Palermo avvenuto nel 1624, è stata costruito un percorso pedonale detto “Scala Vecchia” che è utilizzato la notte del 3 settembre per la tradizionale “acchianata”. Una volta entrati nel Santuario si attraversa una suggestiva sala con una cupola a cielo aperto per poi introdursi nella grotta carsica (profonda circa 25 metri) che ospita le reliquie di S. Rosalia.

  • Scala Nuova detta erroneamente “Scala Vecchia”.

È il percorso pedonale religioso che conduce i fedeli al Santuario S. Rosalia e usato per la tradizionale “acchianata” che si svolge la notte del 3 settembre. Il percorso è composto da 34 rampe, in parte costruite su archi e volte, in parte incavate nella roccia o situate sopra piccoli terrapieni. Il paesaggio è caratterizzato da rimboschimenti di conifere ed eucalipto, fortemente danneggiati dall’incendio del 2016, e da macchia mediterranea autoctona. Lungo il percorso troviamo diversi punti panoramici che si affacciano sulla Città oltre a diverse cappelle votive, di cui una settecentesca. Il tracciato interseca più volte via Pietro Bonanno, incrocia via Padre Ennio Pintacuda (che conduce al Castello Utveggio), costeggia l’area dove si trovano le steli che ricordano la visita di Goethe, incrocia la trazzera che conduce al Pizzo Volo d’Aquila e, in corrispondenza dell’area denominata Pizzo Croce, si congiunge con la strada asfaltata che conduce al Santuario.

  • Il Castel Utveggio.

È un imponente palazzo in stile liberty simile ad un castello neogotico dal caratteristico colore rosa pallido, posto sul promontorio del monte Pellegrino a 346 m sul livello del mare, con vista sulla città di Palermo. Il palazzo non ebbe mai una funzione militare, infatti la costruzione dell’edificio iniziò nel 1928, venne ultimato nel 1933 ed inaugurato l’anno successivo. L’edificio venne quindi adibito ad albergo di lusso, al quale venne dato il nome di grand hotel Utveggio. La posizione fú scelta per sfruttare l’invidiabile vista sul golfo di Palermo e sull’intera città. Dopo poche stagioni in affari, già all’inizio della seconda guerra mondiale, l’attività era in forte declino; in questo periodo si tentò di aprirvi un casinò, ma senza successo. La guerra e l’utilizzo della zona da parte delle truppe fasciste inizialmente, e di quelle alleate in un secondo tempo, decretarono la chiusura definitiva dell’impianto che restò per molti anni abbandonato e vandalizzato. Nel 1984 venne acquistato e restaurato dalla Regione Siciliana ed affidato nel 1988 al Cerisdi, ente che vi ha realizzato una scuola manageriale fino al 2017, anno in cui fu nuovamente chiuso in attesa di interventi di manutenzione.

  • Il Bosco di S. Pantaleo.

Lungo i detriti di falda del versante nord del monte vi sono rigogliosi insediamenti di macchia e bosco di Leccio, ultime testimonianze di quella che era la copertura vegetale dei monti di Palermo e che tanto aveva impressionato gli antichi viaggiatori e invasori. Queste formazioni hanno la loro maggiore espressione nell’anfiteatro del Bosco di S. Pantale, dove troviamo oltre al Leccio anche l’Orniello, il Lentisco, il Terebinto, l’Alloro, il Corbezzolo, l’Alaterno, l’Ilatro comune, il Carrubo e tantissime altre specie erbacee e arbustive di macchia.

  • Contraeree della seconda guerra mondiale

Palermo per tutta la durata delle operazioni militari, 23 giugno 1940 – 22 luglio 1943, fu un obbiettivo primario da parte dei bombardieri anglo-americani a causa dei suoi cantieri e dei convogli navali militari dell’Asse che facevano rotta per i porti africani.

Alla difesa della Piazza Militare di Palermo concorrevano delle batterie contraeree tedesche Flak da 88 mm, con l’ausilio di personale italiano, dotate di apparecchiature per il rilevamento degli aerei in avvicinamento, nonché batterie con militi delle Camicie Nere (M.A.C.A.) come quelle visibili nel pianoro adiacente la statua di S. Rosalia e nel Pizzo Volo d’Aquila.

  • Il labirinto meditativo di Monte Pellegrino

Il Labirinto di Monte Pellegrino riproduce la tipologia più antica dei labirinti ovvero l’unicursale Cretese, nel caso specifico a 11 spire o lame, ma che può essere costruito anche a 3 a 7 o 15 e via via in dimensioni sempre maggiori aumentando di 4 il numero delle circonvoluzioni.

E’ stato realizzato gratuitamente dal Sig. Stefano Baldi in un’area denominata “La piana di mezzo”, in una radura di forma circolare del diametro di 19 metri circondata da pini ed eucalipti, a NW del Santuario di Santa Rosalia.

Si accede dalla Via Monte Ercta e si percorre il sentiero mountain bike 1 per circa 1 km.

La struttura è stata costruita utilizzando 2.260 pietre raccolte tutte nel bosco circostante e disposte lungo una trincea ricavata sulla tracciatura.

L’orientamento dell’asse centrale è Nord-Sud con il percorso di entrata da Est ad Ovest.

L’estensione del cammino è di 540 metri A/R su un diametro di 18,60 metri.